"Fuori il passo, allunga il muso che siam quasi a Garaguso” grida l’uomo al suo giumento che, per l’erta arranca a stento.
V’è spavento e confusione nella casa Garramone ed il pargolo Mimì per la fifa fa pipì.
Don Vituzzo dal terrazzo dal patrizio suo palazzo, angosciato, guarda, è calmo sulla fronte passa il palmo
Onde voi, Garagusani questi versi assai balzani e le celie qui azzardate, sorridendo …. perdonate
La comunità di Garaguso ha annoverato tra i suoi abitanti molti confinati dal regime fascista durante gli anni 30” del 1900. Si trattava, il più delle volte, di personalità della politica, ma anche della cultura di cui il regime si liberava perché ritenute pericolose per l’ordine pubblico e “scomode” a livello sociale.
Lo strumento attraverso il quale avveniva questa epurazione era appunto il “confino”, ovvero l’allontanamento temporaneo dai luoghi natii e dagli affetti. Tra queste personalità spicca la quella di un certo Bolongari Maurizio da Stresa, intellettuale di grande intelligenza, uomo brillante, facoltoso e scapolo.
Gli fu assegnata una piccola dimora al piano terra di Palazzo Moles ed è stato per anni ricordato come persona a modo che faceva molti regali (tra questi molti ricordano le bocce che usava donare ai ragazzi della GIL).
Maurizio Bolognari rimase così affascinato dai quei luoghi ed affezionato ai paesani che dopo il confino tornò a Garaguso a bordo di una fiammante auto sportiva ed in compagnia di una facoltosa contessa.
A Garaguso ha dedicato una poesia che racconta in breve la vita vissuta dalla gente del posto, di un fatto veramente accaduto e che vide lui stesso spettatore dal titolo: ”l’avventura della mula faziosa di compare Rocco con Vincenzino Testa, giovinetto scostumato e bleso detto Compa Locco e l’infelice pignataro pugliese ed il pandemonio che ne derivò in quel di Garaguso, Terra Lucana” (in premessa un estratto dei versi della filastrocca)