"Fuori il passo, allunga il muso che siam quasi a Garaguso” grida l’uomo al suo giumento che, per l’erta arranca a stento.
V’è spavento e confusione nella casa Garramone ed il pargolo Mimì per la fifa fa pipì.
Don Vituzzo dal terrazzo dal patrizio suo palazzo, angosciato, guarda, è calmo sulla fronte passa il palmo
Onde voi, Garagusani questi versi assai balzani e le celie qui azzardate, sorridendo …. perdonate
La comunità di Garaguso ha annoverato tra i suoi abitanti molti confinati dal regime fascista durante gli anni 30” del 1900. Si trattava, il più delle volte, di personalità della politica, ma anche della cultura di cui il regime si liberava perché ritenute pericolose per l’ordine pubblico e “scomode” a livello sociale.
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Assertori della Italica Virtù per la Patria più Gloriosa e Grande nella Guerra di Libertà e Redenzione Eroicamente Pugnando S’Immolarono”
La frase è leggibile su una delle facciate principali di Palazzo Moles dove è apposta un’antica lapide datata MCMXVIII che ricorda i caduti della Grande Guerra del 1915-18.
Garaguso diede alla Patria undici dei suoi figli, ma il paese non fu direttamente coinvolto negli eventi bellici.
Accadde tuttavia che il Governo dell’epoca mandò, proprio a Garaguso, alcuni giovani prigionieri austriaci che furono ricoverati al piano terra di Palazzo Moles, sorvegliati giorno e notte dai Carabinieri.
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Si narra di una notte buia e tempestosa del mese di ottobre dell’anno 1861 allorquando un manipolo di briganti, con a capo esponenti della banda Crocco, tentò l’irruzione in Palazzo Moles.
Comandante della Guardia Nazionale era all’epoca il Capitano Angelo Moles e Palazzo Moles ne era il presidio militare. Nonostante la violenta ed improvvisa incursione, i briganti tuttavia non riuscirono a risalire le scale del Palazzo ed allora s’introdussero nelle cantine e nelle stalle.
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Vito Moles, medico, chirurgo, farmacista, filantropo e giudice di pace.
Ebbe i natali in Garaguso il 30 Aprile dell’anno 1867.
Dopo aver conseguito, nell’anno 1894, la laurea in Medicina e Chirurgia, si dedicò alla professione medica, esercitandola in Garaguso, in Palazzo Moles, fino all’anno della sua morte avvenuta il 6 aprile del 1946.
Avendo operato e vissuto a cavallo dei due conflitti mondiali, di lui si ricorda una frase che sovente usava ripetere: "la guerra è il segno di una grande malattia del genere umano la cui unica medicina è la solidarietà"